Quello che vorrei fare con la poesia, cioè con la forma poetica del guardare e del dire, catturando sensazioni, impressioni, immagini, idee, è fornire una mappa del paese e dei boschi che lo incorniciano. I boschi circondano Vezza d’Alba come le onde circondano un’isola. In più, la prima immagine raccolta sulla piazza del paese, piazza San Martino, alzando lo sguardo dove si impenna la roccia, fra la Parrocchiale e la Confraternita, è quella che mostra Vezza come un luogo con un bosco per cappello. A partire da qui, uno si mette in ascolto del paese (e il paese sono le persone che lo vivono, cioè lo rendono vivo, e lo attraversano, cioè lo aprono agli scambi, agli imprevisti, alle interferenze). E comincia a produrre versi, suoni e parole: una poesia che attraversa le strade del paese e si affaccia ai suoi balconi e alle sue finestre. Anche questo è, in fondo, la poesia: un modo di mappare luoghi e sentimenti, di trovare una forma per le cose e i pensieri. Di trasformare, come tutta la letteratura, le geografie in storie.